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Il corpo decorato: scarificazioni e tatuaggi tra Africa e Asia

Il MAS presenta il nuovo ciclo d’incontri in collaborazione con il Centro di cultura Italia-Asia

Il corpo decorato: scarificazioni e tatuaggi tra Africa e Asia

Le conferenze avranno inizio alle ore 18.15 – Sala degli Arazzi del Museo d’Arte e Scienza in via Q. Sella 4 Milano.
16 ottobre
Scarificazioni e decorazioni corporee nella vita e nell’arte dell’Africa subsahariana a cura di Bruno Albertino e Anna Alberghina

La modificazione del corpo con ferite, mutilazioni e pigmentazioni è una pratica antica quanto l’essere umano. Le cicatrici ornamentali e le tecniche di pigmentazione cutanea sono tuttora utilizzate in tutto il Continente Africano. In Africa, dove l’anatomia serve a identificarsi, deformazioni, scarificazioni, tatuaggi e acconciature sono il passaggio obbligato da uno stato indifferenziato all’appartenenza a una cultura. La pelle diventa materia, supporto di espressioni, pronta ad accogliere ogni trasformazione che la allontani dalla sua condizione primigenia. Il corpo viene magnificato, diventa una scultura vivente ma da esso non emana semplice bellezza. Racconta una storia.
23 ottobre
Breve introduzione sul tatuaggio ieri e oggi a cura di Bruno Gentili
Nel corso dei millenni tutte le civiltà di ogni continente hanno usato il tatuaggio come strumento utile a segnalare agli altri l’appartenenza a un gruppo religioso, iniziatico oppure ad una etnia o una civiltà, evidenziando l’adesione ritualizzata del singolo ai valori e ai miti del gruppo di appartenenza.
Il tatuaggio è sempre stato ed è anche oggi, nella civiltà contemporanea, sia uno strumento di adesione dell’individuo al gruppo di riferimento, usando un complesso patrimonio di simboli dal valore sacro, magico ed evocativo, sia un messaggio visibile a tutti o agli iniziati per rafforzare l’identità del singolo e il suo senso di appartenenza al proprio gruppo di riferimento.
Tatuaggi birmani a cura di Rosella Morelli
Dopo una breve introduzione del paese, si presenta la tradizione del tatuaggio che risale a centinaia di anni fa e che possedeva caratteristiche specifiche come evidenziato da immagini storiche. Si presentano l’origine, i motivi, la tecnica, i coloranti e materiali usati, le credenze relative al maestro tatuatore, al tatuaggio e alla sua funzione prevalentemente protettiva e magica. Nella presentazione si farà riferimento anche ad altri gruppi etnici presenti nel paese in cui perdurano testimonianze di tatuaggi molto caratteristici. Si farà riferimento alla sua evoluzione storica con una riduzione durante il periodo coloniale e la sua proibizione da parte del governo nel 1960 per poi avere ora una ripresa anche se non del tutto apprezzata tra i giovani esposti ad influenze esterne.
06 novembre
Irezumi e horimono: il corpo come superficie decorativa a cura di Susanna Marino
Ciò che rende unico il tatuaggio giapponese è l’essere in parte considerato come opera d’arte. Certamente anche nel Paese del Sol Levante il significato di ogni singolo elemento figurato racchiude un suo preciso significato che necessita una decodificazione, ma l’effetto estetico prevale decisamente sul tema iconografico. Guardare sottopelle significa andare oltre, scavare dove all’apparenza ci sono solamente bei disegni, andare a capire i motivi sociali, antropologici che li hanno generati, non solo per dare un significato ai tatuaggi stessi, ma soprattutto per capire l’uomo e la cultura che li ha ideati e creati.
Il tatuaggio esce allo scoperto: taboo e accettazione del tatuaggio nel Giappone contemporaneo a cura di Andrea Pancini
In Giappone la legge che bandiva i tatuaggi è stata completamente revocata solo nel 1948, sotto l’occupazione statunitense. Da allora è iniziato un lungo processo di ritorno alla luce degli “horishi”, i tatuatori, i quali hanno continuato a proporre libri e mostre dedicate alla loro arte influenzando il mondo pop giapponese. Già dagli anni Settanta, per esempio, designer come Issey Miyake lanciavano prodotti fashion ispirati ai tradizionali irezumi. Poi, negli anni Ottanta, il tatuaggio nipponico diventò popolare tra musicisti di band americane e britanniche, suscitando un nuovo interesse nei giovani giapponesi. Oggi, infine, lo irezumi sembrerebbe essere tornato alla ribalta. Eppure, secondo un recente sondaggio, meno del 2% della popolazione giapponese sarebbe tatuata: quali sono le forze che alimentano lo stigma sociale nei confronti dei tatuati e che regolano lo sdoganamento dell’arte tatuatori.
20 novembre
Le decorazioni del corpo in West Papua a cura di Giorgio Azzaroli
I nostri soggiorni nella parte politicamente indonesiana dell’isola di Papua si sono concentrati quasi esclusivamente nei territori montani abitati dalle popolazioni Dani e Jali e in quello degli Asmat, nome generico che raggruppa tribù diverse abitanti nell’immensa palude formata dai fiumi che discendono a sud della cordigliera. Tra queste popolazioni non abbiamo trovato traccia di tatuaggi veri e propri, ma il corpo viene fatto oggetto di mutilazioni rituali tra gli abitanti delle montagne e di scarificazioni presso quelli della palude.
04 dicembre
L’arte delle steppe sui corpi delle popolazioni nomadi dell’Asia Centrale a cura di Gian Luca Bonora

A proposito delle popolazione nomadi dell’Asia, Erodoto ricorda l’uso di incidersi la pelle e di auto mutilarsi in segno di lutto per la morte del re, “… si tagliano un pezzo d’orecchio, si radono i capelli tutto intorno, si incidono completamente le braccia, si graffiano fronte e naso, si trafiggono con frecce la mano sinistra” (libro IV, 71). La pratica del tatuaggio è archeologicamente provata presso le comunità di allevatori mobili dell’Asia Centrale e della Siberia meridionale del I millennio a.C. Le ricerche archeologiche hanno infatti portato in luce corpi mummificati maschili e femminili ricoperti di tatuaggi di straordinaria precisione e bellezza realizzati secondo i dettami stilistici della cosiddetta “arte delle steppe”.
11 dicembre
Le ‘donne tigre’ dell’Odisha: uno studio comparativo sui tatuaggi delle comunità indigene dell’India a cura di Stefano Beggiora
Durante l’adolescenza, in un periodo variabile che coincide all’incirca con il raggiungimento della maturità sessuale, le ragazze Kondh delle tribù Desia dell’Odisha affrontano un di rituale di passaggio di carattere sociale che permetterà loro di contrarre matrimonio e sancirà la loro entrata nella comunità adulta del villaggio. Uno dei momenti più delicati di questa iniziazione è la battitura del tatuaggio facciale, operato da una o più donne anziane del clan, che stabilirà la definitiva uscita della giovane donna dall’età della fanciullezza. I complessi disegni, formati da una fitta alternanza di punti e linee, indicano non solo il villaggio e il clan di appartenenza, ma traducono un complesso codice fatto di miti, folklore e credenze magiche che caratterizzano la tradizione di questa comunità indigena, che ruota attorno alle sue cosiddette ‘donne tigre’. Il presente studio di caso sarà raffrontato con altre analoghe tradizioni adivasi dell’India centrale e della frontiera nordorientale.
Ingresso € 5, studenti € 3 – info e prenotazione 02.72022488 oppure info@museoartescienza.com

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